venerdì 24 giugno 2011

Permesso?




Ebbene, ci ho voluto provare anch'io ad aprire "il blog". 
Non so quanto (e se) durerà, conoscendomi, ma - vuoi per l'assoluta riluttanza allo studio che mi prende d'estate e che mi porta a fare tutto tranne studiare, vuoi per l'apatia, il caldo, la noia,l'alzarsi ogni mattina con il piede sbagliato, il voler costantemente essere in ben altri luoghi e per mille altri motivi più o meno sinonimi - era qualche giorno che ci pensavo, che mi attirava l'idea e, alla fine, l'ho fatto. 
Non lo userò come diario per le cronache dei miei fatti personali, non sono proprio il tipo. 
In realtà non so bene ancora per cosa lo userò o quello che ci scriverò. 

Probabilmente per poche pretese e molte divagazioni. 


Lo sapevi che...?

Ore 13.40. 
E' l'ora della soap opera. 
Mia nonna guarda "Beautiful" praticamente da quando ho memoria. 
Da 23 anni a questa parte - facciamo 20: non ho ricordi fino ai 3 anni d'età,credo - ogni giorno, alla stessa ora, un'unica certezza: Beautiful. 

I capisaldi della vita!

Un prodotto televisivo vuoto, privo di contenuti stimolanti, con la stessa storyline da anni; la sagra dell'ovvio e del patinato. Stessi personaggi principali che stanno ben attenti a non mutare fisicamente nel tempo, a costo di sembrare impagliati ( Ridge è l'uomo più imbalsamato del mondo ), stesse vicende amorose ( protagonista assoluta Brooke che, gira e rigira, lo prende un po' da tutti e un po' da nessuno, visto che lo prende sempre dagli stessi tre o quattro bischeri, salvo aver fatto una selezione negli ultimi anni che esclude i vecchi di casa Forrester o Marone: si vede che è diventata un pochino più schizzinosa negli anni della maturità ), stessa sigla, stessa logica americanista che propone persone "non-persone", vite "non-vite", idealtipi distorti dalla concezione etnocentrica e universalizzante del criterio di perfezione. 
A parte questo, stupirà sapere che "Beautiful" e le soap opera in generale, hanno un loro perchè. Anzi, due. 
Il primo, quello materiale, è intuibile: la "soap" opera nasce per essere somministrata alle casalinghe disperate nelle loro ore di punta, cioè quando sono tutte indaffarate a sparecchiare la tavola, lavare pile di piatti, stirare colonne di camicie, maglie, magliette, pantaloni, passare l'aspirapolvere, per inserirci qualche bella pubblicità del sapone che sgrassa meglio così poi il piatto fa "swish", dell'ammorbidente che ammorbidisce anche le mummie, dell'aspirapolvere talmente potente che crea buchi neri interspaziali. Così le casalinghe, in trepidante attesa della loro soap opera preferita, si sorbiscono anche tutte questi bei consigli per gli acquisti imbambolanti e, magari, la mattina dopo, vanno dritte al supermercato a comprare il magico prodotto sponsorizzato.
Il secondo, quello immateriale, non è intuibile per niente ( o almeno, io tutto avrei pensato tranne questo ) : le soap opera servono ad allontanare la paura della morte. 
Assurdo? No, per niente. Basta rifletterci un attimo e sarà palese. 
Nella soap opera il tempo non c'è.
Lo spazio è definibile per sommi capi e non conta niente, fa da sfondo, da mera scenografia. 
Le vicende sono sospese in un tempo e in uno spazio che non hanno coordinate. 
Ogni puntata è conchiusa in sé stessa: che si guardi una puntata di Beautiful del 1990 per poi saltare ad una del 2011 non c'è niente di nuovo, il nuovo è accessorio, fa da contorno, la storyline principale è immutata e, dunque, sempre potenzialmente accessibile.
Non c'è mai una fine e non si ricorda l'inizio. 
Si sa che prima o poi una fine ci dovrà pur essere. Ma intanto non c'è. 
Il solo fatto di sapere che alle 13.40 su quel canale, cascasse il mondo, Beautiful ci sarà, da sicurezza, fornisce un'abitudine, una consuetudine, una piccola tradizione. 
Il pubblico più affezionato è quello delle nonne, delle vecchiettine che nonostante affermino pedissequamente che " Ah, a Beautifù ormai fanno schifo, sempre le solite cose, son tutti de' grulli" , ogni giorno si sintonizzano come antenne, da anni.  
E' una distrazione fissa. In quel quarto d'ora non c'è tempo per pensare agli acciacchi, ai figli, ai nipoti, alla vita. In quel quarto d'ora non c'è niente,è tutto perenne,è tutto immobile,è tutto congelato. 

Basta fare due più due. Banale, no?